L’Annurca, un nome che evoca un frutto altamente rappresentativo della nostra regione. Non già pomo della discordia, piuttosto un catalizzatore territoriale. Intere comunità rurali, sottendono parte della propria sussistenza sulla coltivazione ancestrale di questo frutto. Nel tempo, l’Annurca è diventata parte essenziale dell’alimentazione nostrana, tanto da poter davvero affermare che “una mela al giorno toglie il medico di torno”.
Questa ricostruzione è supportata anche da studi specifici sulle qualità nutritive di questo frutto. L’Annurca si fa apprezzare per l’elevato apporto di vitamine e sali minerali. La ricchezza in fibre, la rende un frutto fortemente consigliato per gestire una corretta diuresi e le funzioni gastrointestinali.
UNA STELLA NEL FIRMAMENTO REGIONALE
La sua vocazione altamente territoriale la rende degna di essere tutelata a marchio IGP, essendo coltivata più o meno su tutto il territorio regionale.
Il riconoscimento normativo, la classificazione come prodotto a Indicazione Geografica Protetta "Melannurca Campana" è diventato fattuale con il Reg. CE n. 2081/92, a sua volta superato dal Reg. CE n.417/2006. Poco dopo è arrivato fisiologicamente l’iscrizione al registro nazionale delle denominazioni e delle IGP, con provvedimento ministeriale datato 30 marzo 2006.
La zona di produzione della "Melannurca Campana" IGP comprende ben 137 comuni appartenenti a tutte le province campane. Le aree ove si concentra la maggior parte della produzione sono: nel napoletano la Giuglianese-Flegrea, nel casertano la Maddalonese, l'Aversana e l'Alto Casertano, nel beneventano la Valle Caudina-Telesina e il Taburno, nel salernitano l'Irno e i Picentini.
L’ANNURCA: UNA “NATURA MORTA” DI VIVIDA ORGANOLETTICA
Detto che la melannurca rappresenta uno dei frutti più apprezzati non solo del panorama regionale, ma anche di quello nazionale, dipingerne i tratti è qualcosa di molto simile a un gesto artistico.
Polpa croccante – tratto essenziale del suo essere -, compatta, bianca, di finissima rarefazione olfattiva e, soprattutto, dalla peculiare e succosa acidità.
La forma leggermente lenticolare e le dimensioni medio – piccole, la rendono molto particolare nei tratti fenotipici.
L’ANNURCA: LA NASCITA DI UNA DELIZIA
Elemento fortemente tipico è il metodo di “arrossamento”. Questo processo avviene a terra. Le mele vengono poste nei cosiddetti “melai”. Questi ultimi si configurano come fazzoletti di terra lavorati in modo da evitare ristagni idrici. Su questi ultimi vengono stesi materiali soffici come la canapa, aghi di pino o trucioli. Una volta preparato il “letto”, i pomi vengono distesi e la parte meno arrossata viene posta al sole. Durante tutto il periodo di permanenza nei melai, le annurche vengono periodicamente girate e rigirate. Questa pratica serve a completare il periodo di maturazione.
L’ANNURCA: UNA STORIA LUNGA SECOLI
Quando si parla di melannurca, si parla della storia della Campania. Come la nostra Regione, anche il frutto di cui stiamo trattando, ha una storia di oltre due millenni. Spesso la documentazione ancestrale ci viene in soccorso, per tratteggiare storie dal sapore antico. L’annurca è raffigurata in pitture parietali degli edifici di Ercolano. Come per tanti prodotti agroalimentari, le origini di questo frutto ci vengono descritte dal principe dei naturalisti antichi: Plinio il Vecchio. Quest’ultimo, nel suo Naturalis Historia, ne tratteggia le direttrici di provenienza. La melannurca potrebbe essere originaria dell’area dell’antica Dicearchia (Pozzuoli).
Le “Orcole” sono citate al crepuscolo del ‘500 da Gian Battista della Porta. Col tempo, quella dicitura si è tradotta in “anorcola” e dal 1876 in Annurca, nel manuale di Arboricoltura di G.A. Pasquale.
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