
A latere di una degustazione assai rinfrancante per toni e congetture, mi son svegliato stamattina con la necessità di mettere nero su bianco il più qualunquistico e poco circostanziato outing enologico: non sono un appassionato di bollicine!
(Toh! Uso questo indegno termine per accentuare la mia, per altro ingiustificata, antipatia per i sempre catalogati – a tutte le latitudini, anche marziane – prosecchini).
Fatto l’outing, ho preso l’equivalente in grammi di 0,75 litri di cenere e li ho usati per cospargere il mio capo – intriso di pentastellato qualunquismo – di cenere.
Casus belli di questa epifania è stato l’assaggio del Blanc de Blancs di Alessandra Divella, Franciacorta d’ingresso della sua “epigrafica” produzione, in quel di Gussago.
“Il più classico esempio di Franciacorta rock’n’roll”.
Sole uve Chardonnay per una fermentazione spontanea in cemento. Una parte della massa viene poi trasferita in tonneau di ennesimo passaggio, per un affinamento sulle fecce fini. La rifermentazione in bottiglia sarà seguita da una sosta sur lie di 30 mesi.
A temperatura da spumante, mostra un attacco citrico ed una bolla gustosamente piena ed aggressiva e un sorso scattante e riottoso. Fuori temperatura, mostra tutta la sua complessità, lasciando emergere l’eredità olfattiva dell’autolisi e incastonando l’aura citrina in un più equilibrato, seppur sempre nervoso sorso.
Bello, bello, bello!
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